La Camera dei Deputati ha approvato
una mozione, presentata da Sinistra Ecologia Libertà, che “impegna il governo
ad introdurre il reddito minimo garantito” nel nostro Paese. L’unico, assieme
alla Grecia, ad esserne sprovvisto in tutta Europa.
Nel frattempo i dati Istat mostrano un
Paese in ginocchio, la crisi che morde la carne viva delle persone, dove
povertà e precarietà sono diventate le fondamenta del nostro tempo. Il tasso di
disoccupazione è a livelli altissimi, il 12,7%, la disoccupazione giovanile è
oltre il 40%, il resto dei giovani è per la maggior parte precario e senza
diritti. Vi sono milioni di lavoratori e lavoratrici che una volta perso il
lavoro non hanno più nessuna fonte di reddito e possibilità di rientrare nel
mondo del lavoro, oltre 9 milioni di persone vivono nell’area della sofferenza,
i giovani Neet, coloro che non studiano e non lavorano perché non vedono in
essi strumenti per il futuro, sono oltre 2 milioni. Una sofferenza sociale
inaudita che non viene intercettata da queste “sorde intese”, incapaci di
mettere in campo misure adeguate sul lavoro, la precarietà, il disagio
generazionale.
Un Paese che sta crepando. E che non
ha bisogno di perdere diritti su diritti, ma di un nuovo sistema di welfare,
universale, che estenda tutele e diritti acquisiti a coloro cui vengono negati.
Il diritto dei giovanissimi ad avere un reddito di formazione che renda uguali
per tutti i punti di partenza; il diritto dei giovani a uscire dalla
marginalità e a scegliere il proprio futuro al di fuori dei ricatti; il diritto
delle persone oggi fuori dal mercato del lavoro e della formazione a non
soccombere sotto il peso dell’annientamento, ma ad avere uno strumento per
ricominciare; il diritto alla dignità per chi vive al di sotto della soglia di
povertà; il diritto di essere indipendenti dai propri genitori e la possibilità
di diventare genitori a propria volta, perché la paternità e la maternità non
possono essere un lusso; il diritto dei liberi professionisti, dei ricercatori,
degli intermittenti dello spettacolo, dei lavoratori atipici, dei free-lance,
dei mille arcipelaghi in cui è frazionato oggi il mondo del lavoro a non essere
divorati dalla fragilità esistenziale e, spesso, dalla povertà.
Sono loro, non solo l’Europa, a
chiederci di istituire subito un reddito minimo come diritto inalienabile di
ogni individuo. Che tecnicamente passa per l’erogazione di un beneficio
monetario – Sel ha proposto 600 euro al mese a tutti coloro (inoccupati,
disoccupati, precariamente occupati) che non superano gli 8.000 euro annui – e
reddito indiretto, cioè beni e servizi, come fanno tutti i Paesi d’Europa, per
garantire una dignità di vita e una possibilità di futuro. Rivoluzionando il
mercato del lavoro, il sistema professionale, facendo diventare i centri per
l’impiego non l’ultimo tentativo con la sorte, ma dei centri efficienti, dove
si incrociano domanda e offerta di lavoro.
In un Paese in cui il 10% della
popolazione detiene il 50% delle ricchezze, il reddito minimo rappresenta una
misura decisiva per l’uguaglianza e un fattore anticiclico rispetto alla crisi
che, redistribuendo risorse, aiuta a rimettere in moto i consumi e l’economia,
diminuendo così gli squilibri sociali e reddituali. Non solo. Parte dei soldi
rimessi in circolo torna nelle casse dello Stato sotto forma di tasse e imposte
indirette, alimentando un meccanismo virtuoso.
Si tratta di uno strumento che lenisce
il dramma della povertà e garantisce un minimo di autonomia e libertà di
scelta: aiuterebbe una generazione a compiere scelte non dettate dalla
condizione economica della propria famiglia e ad avviare un percorso di
crescita formativa, professionale e di vita con una minima rete di protezione
sociale. Il reddito minimo è anche un argine contro il lavoro nero, il lavoro
sottopagato e la negazione delle professionalità e della formazione acquisita.
Perché significa in buona sostanza non vendersi sul mercato del lavoro alle
peggiori condizioni possibili. Per questo è uno strumento fondamentale di lotta
antimafie, perché sottrae manovalanza al ricatto della criminalità organizzata.
Alla Camera giacciono 3 proposte di legge, una
di parlamentari del Pd, una dei parlamentari di Sel e un’altra dei parlamentari
del M5S. Di fronte alla richiesta esplicita del Parlamento che vincola il
governo ad agire, ora non ci sono più scuse, milioni di persone non possono più
aspettare. Perché la povertà, la disoccupazione e la precarietà hanno bisogno
di risposte concrete, non di slogan e nemmeno di elemosina. Caro Renzi, caro
Grillo, lo facciamo subito?
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